Un grande sabato di festa

Tutti in piazza tra concerti, Giro d’Italia e “Cittadella degli Alpini”

Innamorarsi di Torino non è difficile. È stata la mia città per quasi trent’anni, dove ho vissuto proprio lì, di fronte a quel Fante, in corso Duca degli Abruzzi, che domenica scorsa ha visto riunire attorno a sè le tante penne nere. Con loro, in attesa che sfilassero, persone di tutte le età, intere generazioni pronte a vivere insieme, chi per la prima volta, chi invece nei ricordi, esperienze ancora capaci di emozionare. Nei miei di ricordi, è tornata quella parata militare quando, proprio sotto casa, passavano tutte le divise e con loro carri armati e mezzi militari: Alpini, Bersaglieri, Granatieri, Carabinieri, uniformi a piedi e a cavallo. Era la Festa della Repubblica, io ero bambina, e dalle finestre uno scrosciare di applausi. Nel palazzo di fronte ci si scambiavano occhiate con le amiche ancora di oggi, e in quello stesso palazzo, la figura di mio nonno: capelli brizzolati, pizzetto al volto e rigorosamente Alpino. Ed è bello, in piazza Castello, sentir dire, da chi oggi non ha ancora compiuto neppure la maggiore età, «Amo Torino, la città più bella.» L’ho sentito per caso, strappando una confidenza quasi sussurrata da una ragazzina ad una amica, mentre a piedi cercavo di raggiungere il centro cittadino, dove era in programma la grande notte tricolore.
Chissà, forse non per tutti Torino sarà la città più bella, ma certamente Torino, prima capitale di Italia, ha saputo donare a chi è venuto a trovarla, tutta se stessa. Nel percorso che conduceva ad immergersi in quel mix di eventi pronti ad urlare “W gli Alpini”, era già tutto un colore: sulle magliette, sui capelli, sui carretti, sulle auto, e un po’ ovunque erano dislocate tende, allestite bancarelle che non risparmiavano alcun tipo di gadget, dove un cappello costava ben 25 euro. E che dire dei bar, presi d’assalto dai tanti Alpini che si sono riversati in città per la loro Festa, e non puoi non domandarti come quel vino compagno di tanti viaggi e raduni, loro lo sappiano reggere così bene. C’è forse chi si lascia andare ad un commento di troppo, chi ad una risata eccessiva, c’è chi strizza l’occhio, c’è chi, addirittura fischia. Ma come! Gli Alpini non fischiano aveva detto poche ore prima il Ministro La Russa. Certo che fischiano, gli Alpini, e fischiano bene quando passa un gruppo di giovani fanciulle. Fischi di apprezzamento. Ed è così che proprio come accaduto in piazza Castello, non sono mancati quelli di fronte alla Caserma Cernaia, dove in visita c’era il Presidente della Camera Gianfranco Fini. E se da un lato chi di passaggio gli ha urlato “traditore” dall’altro lui, si è soffermato pochi secondi a stringere la mano ad un ragazzino in carrozzella e a salutare chi lo ha voluto aspettare.
Piccoli frammenti di un susseguirsi di scene in un pomeriggio che, giunti nelle centralissime via Garibaldi, piazza San Carlo, via Roma, via Po, per giungere fino in piazza Vittorio, ha fatto intuire cosa il grande connubio Adunata-Giro d’Italia avesse voluto significare.
Sole e caldo hanno suggellato un fine settimana da vacanza, perché in vacanza, nella realtà dei fatti, sembrava di essere, e la bella Torino meta di turisti, in una città quale grande isola pedonale. Cineprese, macchine fotografiche al collo, tutti vestiti in libertà, a lasciarsi andare a canti e balli, e poi, sabato pomeriggio, uno tra i momenti più attesi: l’arrivo della prima tappa del Giro d’Italia, in piazza Vittorio Veneto. Una folla indescrivibile, a voler assaporare fino in fondo quanto il ricco “menù” dell’84° raduno è stato in grado di offrire: accanto ai musei, la “Cittadella degli Alpini” uno spaccato di vita militare con mezzi blindati, bombe, mitra, accampamenti, istruttori, una base operativa avanzata; e poi ancora un muro di arrampicata, una pista da sci di fondo artificiale, un ponte tibetano, e ad attirare grandi e bambini la bonifica di un campo minato. A fiancheggiare la grande area verde riservata alla storia del Corpo Militare, lungo la strada che conduce ai Giardini Reali, ad attirare una fiumana di visitatori sono stati gli stand riservati al buon mangiare ed al buon bere con specialità tipiche locali e non, in un inebriante percorso di profumi e sapori. Sulla facciata di Piazzetta Reale, quando ormai era diventata notte, la scritta “Noi Alpini dalle origini all’Afghanistan” ha dato il via ad un susseguirsi di immagini in bianco nero prima, e a colori poi, di quell’esercito di Penne Nere, che allora come oggi, sente la necessità di essere presente; che ancora oggi, pur in un contesto diverso, dove i militari operano in terre che gridano alla pace, conta purtroppo le sue innocenti vittime.

E allora è bello essersi fatti abbracciare, seppur simbolicamente, da quel corpo militare che solo averlo al fianco sa regalare una gran forza, che solo saperlo al fianco, sa farci sentire più sicuro, e protetto. È stato bello farlo tutti insieme, a mezzanotte, intonando assieme alle fanfare, quell’inno tutto a tre colori che, sono sicura, dentro il cuore di ciascuno di noi, ha saputo ricordare quanto è bello essere Italiani.

Karen Orfanelli

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