È morto il regista canavesano Alberto Signetto

MAZZÈ – Si svolgeranno martedì 28 gennaio alle ore 15, a Mazzè, i funerali di Alberto Signetto, regista e documentarista, nato a Cordoba in Argentina da una famiglia canavesana emigrata da Mazzè, è morto ieri, proprio nel giorno dopo il suo sessantesimo compleanno.
Ha collaborato con alcune grandi figure del cinema internazionale come Theo Angelopoulos, Straub-Huillet, Jean Rouch, Robert Kramer e Raoul Ruiz ed ha realizzato una cinquantina di lavori documentaristicu legati al Piemonte ed al tema dell’emigrazione.
Nel 2006 realizzò “Nella pancia del piroscafo”, ispirato alle imbarcazioni utilizzate dagli emigranti.
Nel corso dei 73 minuti di durata del film il regista ripercorre in prima persona il lungo viaggio della sua famiglia verso l’Argentina, avvenuto nel 1948, durante l’ultimo flusso migratorio che ha coinvolto, nel corso dei decenni, dal 1870 al 1970, ben 3.000.000 di piemontesi.
Il lavoro di Signetto documenta così quella che per molti piemontesi, e non solo, rappresentava la fuga: fuga dalla paura e dalla fame. Tanto disperata da portare ad affrontare un lungo viaggio per mare, su navi diroccate, che alcune volte affondavano e che spesso venivano smantellate subito dopo il viaggio a causa delle loro condizioni inadatte alla navigazione.
Il titolo del film-documentario ha una duplice origine: si ispira senz’altro proprio alle imbarcazioni che venivano utilizzate per i viaggi degli emigranti, che si verificavano appunto in condizioni disperate, ammassati nelle stive dei piroscafi. Il secondo motivo, invece, più curioso, è la casuale scoperta di un tango argentino di un secolo fa che presenta al suo interno alcune strofe di quella che si può considerare la canzone popolare piemontese più famosa: “La viuleta”. Il testo dice, a grandi linee, che quelle parole sono state apprese da qualcuno che le cantava “nella pancia del piroscafo”.
Ma la prospettiva di una vita migliore, di un lavoro, di un futuro sicuro per molti fu stroncata dalla dittatura militare.
La stessa famiglia di Signetto fu costretta a rientrare in Italia nel 1954, quando il regista era appena nato.
E questa esperienza riporta alla mente quella di Munù Actis Goretta, artista di fama internazionale e molto nota a Caluso: Munù è, infatti, l’artefice del mural che si può osservare in via Micheletti, nel centro del comune canavesano, realizzato sette mesi fa.
Ma perché proprio Caluso?
Perché l’artista ha origini canavesane, esattamente a Rodallo, frazione di Caluso, dove si è recata, in cerca di notizie sui suoi antenati, armata soltanto di una fotografia e di tanta forza di volontà.
Anch’essa vittima della dittatura argentina, sequestrata, torturata, rimasta desaparecida per quasi un anno e poi esiliata in Venezuela fino alla fine della dittatura, Munù è un personaggio che è rimasto nel cuore di tutti i calusiesi che hanno avuto la possibilità di incontrarla durante il lungo periodo dedicato alla realizzazione del mural.
Il progetto ha, infatti, coinvolto, non solo studenti e artisti locali, ma anche le autorità locali e un gran numero di volontari presi tra gli abitanti di Caluso e dintorni. E proprio di questo parla “Il mare sul muro”, viva testimonianza dei mesi di lavoro che sono stati necessari alla realizzazione del mural.

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