Cerchiamo una luce che non c’e’, c’è solitudine e tristezza…

Cerchiamo una luce che non c'e', c'è solitudine e tristezza...Se dici che si può uscire di casa per una passeggiata o per fare le compere natalizie, la gente esce di casa e si appresta a scegliere i regali ancora più se incoraggiata a spendere con il bancomat o la carta di credito; se nessuno pone dei limiti ciascuno di noi è portato a vivere i propri momenti di libertà nel rispetto delle regole (sanificazione delle mani, mascherine e distanziamento) a cui occorre guardare.
È il gioco dei diritti e dei doveri così come la Costituzione insegna.
È un dovere attenersi alle norme ma è un diritto che le stesse siano comprensibili, coerenti, e non ambigue. Occorre usare giudizio e il giudizio deve essere una prerogativa di tutti. A riempire strade e piazze nel primo weekend tinto di giallo tante persone alla ricerca di normalità. Un errore che in parte è costato caro. C’è chi non ama la calca, chi invece in quella calca ci si è ritrovato anche solo per un istante sentendosi più felice e meno solo. E poi c’è chi, a dispetto di qualsivoglia principio, agisce in modo indisciplinato senza schemi.
Una cosa è certa. Gli assembramenti erano prevedibili e se prevedibili occorreva evitarli. Come? Non lo so. Non spetta a me dirlo. Una regola giusta non c’è, e se di regole si parla qualcuno sarà sempre scontento. Ma qualsiasi scelta popolare o impopolare che sia deve essere chiara, discussa, ponderata, e non campata lì tanto che sia.
Quello a cui assistiamo invece è un tira e molla che non fa bene a nessuno. È un gioco pericoloso quello dello “scaricabarile”, secondo cui cercando di esimersi dai propri doveri e responsabilità, si tenta di riversare le colpe altrove, l’una sull’ altra. Oggi mancano serietà e buon esempio, parole chiave di una consapevole ripresa. Ci stordiscono con i dpcm, cambiano le carte in tavola, giocano con i colori di un semaforo che il verde non lo riconosce più. C’è il giallo, l’arancione, il rosso… il rosso… il rosso… e ancora il rosso, per poi sgridarci se osserviamo in centro città le luci di Natale magari accalcati, ma ancora con la voglia di vivere. È tornato il Piemonte a tingersi di giallo, e lo ha fatto per un istante. Non lo fatto da solo. Da Nord a Sud il miraggio è durato un solo attimo. Siamo stati premiati per buona condotta dopo aver vissuto un secondo lockdown, un confinamento privo di personalità: senza canti… senza compagnia… senza cartelli a ricordare che andrà tutto bene e senza lavoro. Perché siamo seri, a reinventarsi così come sentiamo dire, in tanti ci hanno provato ma non è facile. E poi in quale settore! Del turismo forse, della ristorazione, sportivo o ricreativo, artigianale? Ma guardiamoci intorno. Spesso quelli che ti camminano a fianco sono sguardi persi nel vuoto. Cerchiamo una luce che non c’e’ e non c’e distanziamento che tenga. C’è solitudine e tristezza. Siamo stati svuotati della nostra allegria, complice un virus, di cui conosciamo tutto e niente, perché niente è quello che ci hanno raccontato. O forse troppo da troppe voci diverse. Quel che è rimasto del passato è la frenesia del tempo che ci accompagna. Siamo stati per una frazione di secondo più liberi di muoverci ma siamo ritornati a farlo in fretta, sempre di più, quasi a voler recuperare i tanti minuti sottratti. Un colpo di teatro quello di aprire le “gabbie” che ci ha reso ancora più fragili. Insomma questo secondo lockdown a mio parere lo abbiamo patito di più. Ma ora ci sarà il terzo, quello che ci priverà del Natale. Spetterà a noi renderlo meno triste. Sarà un Natale di abbandono. Allora sì che dovremo reinventarlo “il Natale”. E poco importa se Gesù Bambino dovrà giocare d’anticipo. Noi lo accoglieremo ma la sfida sarà un’altra: quella di sentirci meno infelici. E mentre ognuno lo farà a modo proprio spunteranno i droni a controllare, e con essi quello schieramento di agenti a multare gli indisciplinati. E allora immagino un Natale nel rispetto delle regole senza il bisogno di essere identificati e schedati. Per un istante siamo stati bravi. I numeri di contagi erano calati, le terapie intensive si erano svuotate, tutti i parametri erano migliorati e abbiamo respirato il dolce profumo delle feste. Poi come per incanto sono bastati un sabato ed una domenica a spegnere le luci, a fare calare il sipario. Se crediamo a questo, se crediamo davvero che sia bastato un fine settimana a scaraventarci ancora una volta tra la lista dei cattivi, allora non permettiamone un’altro. Perché altrimenti parliamo di superficialità. Non c’è contentino che tenga. Noi come il resto d’Italia però indosseremo le mascherine natalizie, non ci riuniremo con parenti e amici, non potremo abbracciare i nostri genitori, e tutto questo in attesa di una terza ondata che comunque vada ci sarà. Non è cambiato nulla. Nelle decisioni c’è trascuratezza, leggerezza, immaturità. Io mi sento presa in giro, frastornata e confusa.

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