No alla vivisezione: presidio pacifista alla Rbm (Guarda il video)

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COLLERETTO GIACOSA – A circa una decina di giorni dalla conferenza stampa indetta da Rbm sul futuro dell’azienda, si è svolta, sabato 24 novembre, una manifestazione di protesta davanti ai cancelli della stessa per dire “No” alla vivisezione.
Arrivando da lontano, si intravedeva un gruppo di persone tranquille, con al guinzaglio i propri cani. A sorprendere è la calma. Anche loro sembrano essere rispettosi l’uno dell’altro: giocano, ma soprattutto dimostrano di essere i migliori amici dell’uomo. A fare da contorno, invece, alcune immagini del trattamento che l’essere umano gli riserva, e poi la scritta: “L’uomo è l’unico animale che arrossisce… ed è anche l’unico che ne ha bisogno: stop vivisezione”. Non è la sola, ma a colpire sono parole semplici, che invitano a riflettere: “La loro vita non salverà la tua”.
Allora come bisogna muoversi? Perché se da un lato, c’è una Legge Italiana che approva la sperimentazione animale a scopo farmacologico, dall’altra c’è chi, al contrario, sottolinea che il suo utilizzo nelle veci di “cavia” è totalmente inutile. Di fatto Rbm, nell’ultimo incontro, ha sottolineato come a piccoli passi ci si stia avviando verso un cambiamento, dove la sperimentazione in vivo, forse, verrà sostituita completamente da quella in vitro, ma la strada sembra essere ancora lontana e la domanda che ciascuno si pone resta una sola: perché non ora, se esperti, medici, biologi, ricercatori, dicono che si può fare?
Ecco che riportare la voce di chi sottolinea che quanto detto è possibile, diventa indispensabile. Questo è l’obiettivo del presidio di sabato 24 novembre, organizzato dai Gruppi “No RBM” e “No vivisezione”, ben diverso da quegli scontri del 2004, dove minacce e atti di vandalismo avevano preso il sopravvento. Che cosa è cambiato da allora, quando la Questura impose il divieto di manifestare fino al 2020? «Erano state manifestazioni aggressive – ha commentato Federica, portavoce del gruppo “No vivisezione” – Oggi dopo 8 anni di assoluto silenzio, ci troviamo davanti ad Rbm con una coscienza diversa: quella, che si può combattere con la pace. Animalismo vuol dire pacifismo non guerra, non azioni forzate.» E c’è soddisfazione nell’aver ottenuto il consenso di poter tornare ad esprimere il proprio pensiero, perché riconosciuta la volontà di manifestare senza “alzare la voce”, per far conoscere al Canavese, al Piemonte, e fuori Regione, ha continuato Federica, «la problematica di Rbm, un’azienda che ad oggi effettua sperimentazione su animali, cosa a cui noi diciamo “basta”. La sperimentazione è una scienza inutile come riconosciuto da vari scienziati, che ha portato danni fisici all’essere umano. Non vogliamo che Rbm chiuda, non vogliamo che i dipendenti restino senza lavoro, ma chiediamo, che si adegui alle nuove metodologie di sperimentazione. È sbagliata la legge che consente a questi laboratori di fare sperimentazione; già da diversi mesi c’è un emendamento in votazione al Senato, che andrà ad abolire la vivisezione in Italia.»
Su internet, sorprende la testimonianza di Susanna Penco, 49 anni, biologa e affetta da sclerosi multipla, dettata dall’amore per il prossimo e contro l’utilizzo degli animali nel nome della ricerca scientifica. «Mi chiamo Susanna, vivo a Genova e da 16 anni sono affetta da sclerosi multipla. Da sempre sono obiettrice di coscienza verso la sperimentazione animale per due motivi: perché non ho alcuna fiducia scientifica in tale pratica e perché provo un grande senso di pietà nei confronti di tutti gli animali, umani e non umani.» Susy non cerca clamore, ma chiede di essere ascoltata, offrendosi volontariamente alla scienza da viva e chiedendo che la sua salma, possa servire, quando capiterà, per essere studiata. Susanna, al momento non ha ottenuto una sola risposta ufficiale e dice: «Sappiamo tutto delle mummie egizie. Sappiamo che cosa ha mangiato Otzi poco prima di esalare l’ultimo respiro, tra risonanze e tac sanno tutto anche dell’ultima cellula rimastagli, e allora perché non analizzare l’organismo di coloro che sono deceduti per o con la malattia di cui soffro anch’io?» Susy è determinata, è biologa, nella sua testimonianza racconta di essersi dedicata alla coltura cellulare come alternativa ad una ricerca ritenuta cruenta e inutile. «Divenni brava a coltivare cellule esclusivamente in vitro e poi da anni esclusivamente umane. Con l’avvento di attrezzature avanguandistiche, e se la ricerca in vitro fosse finanziata come dovrebbe, si potrebbero ottenere grandi risultati applicabili all’uomo.»
Davanti all’Rbm non c’era la ressa, ma un via vai continuo di persone a dimostrare la loro solidarietà e per chiedere un’attenzione diversa. Certo non sono piaciute le dichiarazioni del Direttore di Rbm, fatte in conferenza stampa secondo cui in futuro l’intenzione è quella di ricreare all’interno di un laboratorio l’ambiente naturale in cui vivono le  scimmie, ma l’apertura ad un dialogo costruttivo c’è. «Le scimmie vivono libere, all’aperto, non negli stabulari, al buio, maneggiate dai vivisettori per la sperimentazione – ha aggiunto Federica – In passato, e anche recentemente alcuni dipendenti si sono licenziati perché non sopportavano più quello che succedeva all’interno dell’azienda, che è un’azienda in crisi, che non può promettere in Canavese nuovi posti di lavoro solo per attivare l’opinione pubblica, e questo è quello che sta facendo in questo momento.»
Invertire la rotta, è possibile? Abbiamo raccontato la cronaca di due momenti che in pochi giorni si sono susseguiti, l’uno dentro i cancelli della Rbm, l’altro fuori. C’è una Legge che deve cambiare e c’è la necessità, oggi, che le parti, azienda e animalisti, abbiano la volontà di “riunirsi attorno a un tavolo”, per esprimere ciascuno i propri punti di vista.
“Ogni secondo di ogni giorno, di ogni anno… un animale muore in un esperimento.” Recita ancora un cartello. È necessario tutto questo?
Torna allora la testimonianza di Susy, che lo sguardo lo rivolge, alla metodologia “in vitro” e a chi, come lei, si offre spontaneamente alla ricerca, ma senza essere ascoltata. «Delusa dal disinteresse nei miei confronti da viva – scrive – ho cercato di consolarmi pensando al futuro, quando di me resterà la salma.» La decisione, dunque, di donare il suo cadavere all’Aism, affinchè, il suo sistema nervosa centrale “difettoso” possa essere analizzato, in rapporto anche, aggiunge, «con quello dei miei parenti stretti, che hanno seguito il mio esempio, generoso verso i miei simili e pietoso verso chi non centra nulla: cani, gatti, topi o scimmie che siano.»
Karen Orfanelli

 

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