“Ti fa paura il Coronavirus?” Sì ma ancora di più la noncuranza!

Ti fa paura il Coronavirus Sì ma ancora di più la noncuranza!Due anni e mezzo di chemioterapia. Ho conosciuto il significato della parola paura. È quella delle visite, degli esiti, delle attese, è quella di una informazione che parla di percentuali: quelle di sopravvivenza. E alla domanda “Ti fa paura il coronavirus?” dico sì, mi fa paura. Eppure non sono una fifona, ma una cosa l’ho imparata molto bene: il cauto rispetto di ciò che non conosci e ciò che non conosci, inutile dirlo fa paura. Resto sbigottita davanti alla tv dove interviste e immagini, fatto il giro del mondo ( e tutto il mondo è paese), spesso parlano da sole. La guerra a spintoni tra carrelli pieni, per accaparrarsi l’ultimo pacco tra gli scaffali del supermercato non è un modello da seguire. Fa male vedere tanta superbia, tanta superficialità, tanta indifferenza, tanta leggerezza, e non ne faccio un discorso politico. Ne faccio un discorso sociale dove spesso manca il buon senso e il buon esempio. E siamo già in guerra. È la guerra delle parole! Di fatto non ci mancano le armi perché ricercatori, esperti, medici lavorano con fermezza e perseveranza alla scoperta di una terapia adeguata a sconfiggere il virus. I laboratori di analisi vivono una quotidianità fatta di strumenti, dati analitici, percentuali, che tornano, preoccupano e ancora una volta parlano di sopravvivenza. Quel che manca è la coscienza. Perché mentre c’è chi si occupa della propria salute e della salute altrui, c’è chi non ha rispetto né per se, né per i propri cari, per gli amici e per l’intera società. Parla convinto di essere un super eroe, di farcela sempre e comunque, perché è il più bravo, il più forte, perché lui il virus lo sconfigge con queste parole: “è una banale influenza”. Per il nostro super eroe la vita non cambia. Lui trova stupido chi fa un po’ di scorta al supermercato, chi non esce di casa, chi lavora da casa, lui non rinuncia al bar o al ristorante, lui va in discoteca e preferisce persino darsi alla fuga ed infettare gli altri piuttosto che fermarsi a pensare. Ma i super eroi non scappano. Lui parla, ma io non gli credo! Cerca di farti sentire piccolo perché hai cercato l’alcool o il gel disinfettante, pratica un mobbing psicologico nei tuoi confronti ma è il primo a tradire il proprio pensiero. Con simpatia ricordo quando Berlusconi vinceva le elezioni: tutti dichiaravano di non averlo mai votato. Eppure ha guidato il Governo. È la guerra delle parole, quelle false, quelle di chi si pavoneggia o peggio ancora di chi di quell’indifferenza ne fa un vanto della propria esistenza o di chi di fronte agli altri sa vendersi bene apparendo quel che non è. Nessuno chiede la perfezione perché nessuno è perfetto ma non lasciamoci contagiare da un pericolo ben più grave del Coronavirus, la noncuranza. E allora ben vengano le restrizioni come quella adottata nella serata di ieri, il rigore, i provvedimenti presi a contenere l’ emergenza. Facciamo sì che il rosso di quell’Italia oggi in sofferenza non debba trasformarsi in un rosso diverso: quello della vergogna per non avere rispettato le regole. Siamo portati a un cambiamento del proprio stile di vita. È necessario. Se è vero che siamo un popolo forte, questa emergenza la sapremo combattere ma solo se io imparerò a strizzare l’occhio al noi, se noi impareremo ad aprirci al voi e se il voi guardasse al tutti. Sì! Tutti insieme nel rispetto del prossimo e della vita. Abito in un piccolo paese a ridosso del bosco, in un’area naturalistica di estrema bellezza. Esco il minimo indispensabile, direi solo per andare a Torino a trovare mia mamma. Oggi lo slogan “io sto a casa” mi costringe a non poterla vedere. Da settimane non prendo più treni e in città a tram ed autobus, ho scelto di camminare, da sola. Dallo scorso sabato ci si ritrova qui nella mia oasi di tranquillità per una passeggiata all’ aria aperta tra il verde delle zone boschive che sono il mio mondo. Abbiamo cercato di mantenere le distanze, non ci siamo stretti la mano, abbiamo chiacchierato nella totale tranquillità senza indossare però la mascherina. Ecco su questo dobbiamo ancora lavorare. E se fossimo obbligati a portarla, ovunque, anche all’aria aperta? Io ci sto e non solo perché sono un soggetto a rischio dalle basse difese immunitarie, ma perché è giusto.
Karen Orfanelli

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