I Volontari sui profughi del Ritz: “Cambiare strada, e subito” (Guarda i video)

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BANCHETTE – A 15 mesi di distanza dal giorno in cui i profughi della Libia sono stati ospitati al Ritz, nonostante le tante iniziative portate avanti nei confronti del Ministero, della Regione, della Provincia, è possibile affermare che la conclusione degli sforzi «non ha prodotto nulla». Sono le parole del Sindaco di Banchette Maurizio Cieol, nell’introdurre alla conferenza stampa che si è tenuta  venerdì 27 settembre in Municipio a Banchette. Voluto dai volontari che si sono impegnati attivamente in un discorso di integrazione sociale con la cittadinanza, l’incontro è stata l’occasione per ribadire con rammarico che ad oggi sussiste una grande incertezza sul futuro di queste persone, che la commissione sta esaminando le condizioni per il rilascio dei permessi di soggiorno e che tanti saranno i dinieghi, mentre pochissimi i profughi che potranno rimanere regolarmente in Italia. Circa una novantina quelli alloggiati all’hotel Ritz. Sono assistiti dal Consorzio Connecting People, in maniera totale: dal mangiare alla pulizia, dall’abbigliamento alla salute. Ma questo non è sufficiente per farli sentire parte integrante di una comunità e non è bastato neppure l’appoggio dei volontari.
«Anzi – ha sottolineato Giorgio Berutti – è cresciuta la disperazione, l’emarginazione, la depressione, la rabbia, l’inedia; la maggior parte di loro, nonostante i corsi d’italiano, non hanno imparato nulla, disertano perfino le attività di divertimento. Bisogna venirne fuori, e per farlo abbiamo solo il ristretto periodo che va da oggi a fine anno.»
Dito puntato contro il Governo Berlusconi che, si legge in un documento a firma del Gruppo “Noiquellidelritz”, “non ha voluto riconoscere la necessità di un permesso per protezione umanitaria ai lavoratori migranti che fuggivano dalla Libia, delegando la gestione alla Protezione Civile, e anche contro il Governo Monti che non ha cambiato nulla, di una virgola, mentre tante Regioni come il Piemonte se ne sono lavate le mani.”
E non piace neppure il modello adottato dal Consorzio, che vede grossi “assembramenti” di persone in un unico spazio: sempre l’Hotel Ritz, dove “stazionano” senza la possibilità di fare nulla. La richiesta, dunque, con l’aiuto dei Comuni, di individuare gli alloggi adatti, dove trasferire subito i profughi in microgruppi esterni sul territorio, a partire da quelli che hanno ottenuto il permesso di soggiorno, e quindi indirizzare a parità di costi e di personale le attività di Connecting People sul decentramento all’esterno dell’albergo. I soldi pubblici ad oggi spesi per l’accoglienza al Ritz sono circa un milione e mezzo di euro provenienti dall’Unione Europea, la cui erogazione finirà con la fine di dicembre, data che per molti ospiti dell’Hotel significherà diventare dei clandestini; e la vita non sarà facile neppure per chi dovrà fermarsi perché diversamente da adesso dovrà imparare a viaggiare con le proprie gambe. E preoccupa l’acquisto da parte del Consorzio della struttura alberghiera. Di fatto non è chiaro il futuro utilizzo del Ritz. «Ci confrontiamo con una proprietà privata – ha affermato il primo cittadino – ma di sicuro non è nelle intenzioni dell’Amministrazione Comunale far sì che diventi un luogo adatto ad ospitare per lunghi periodi profughi, così come è stato in questi 15 mesi, senza uno sbocco futuro. Già in passato la richiesta di ospitare un numero superiore a quello attuale, avendo una capienza pari a 120-130 posti, è stata bloccata sul nascere.» Lo Sguardo di Armando Michelizza è andato al 1999, alla guerra in Kossovo. Dei 24.408 profughi a Ivrea ne arrivarono 55. Vennero ospitati diversamente, in famiglie, e terminata l’emergenza il Governo rilasciò il permesso a chi si era inserito, mentre chi lo desiderava poteva rientrare nel proprio paese. Anche questa volta si sarebbe potuto fare diversamente.»  Concorde anche l’Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Ivrea, Paolo Dallan. «Noi rifiutiamo categoricamente il Modello “poco educativo” di Connecting People. Il risultato è che oggi questi profughi girano chiedendo l’elemosina ai parcheggi o davanti ai supermercati. 1 milione e 150mila euro spesi dal Consorzio e questa è l’assistenza che sono riusciti a fare. Senza contare che in un periodo di crisi, si ingenerano poi guerre tra poveri.»
Ad oggi, insomma la frittata è stata fatta. A più voci la disponibilità a dar luogo a progetti diversi, ma diventa difficile in mancanza di risorse. «O si imposta il problema in modo diverso e responsabile – ha concluso Cieol – oppure noi alla periferia non possiamo far altro che tamponare la situazione.» E occorre saper guardare avanti, perché altre emergenze non mancheranno e il territorio deve poter contare su interventi diversi, mentre oggi paga un’assenza enorme da parte dello Stato.

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