“Sopravvissuti: ritratti, memorie, voci”

Olocausto: una tragedia collettiva, ma al tempo stesso fatta di storie individuali
Sopravvissuti 1IVREA – “Sopravvissuti”, ritratti, memorie, voci che parlano agli studenti affinchè sacrificio, strazio e dolore non vengano dimenticati. Un passato a cui il Polo Infermieristico Officina H di Ivrea ha voluto rendere omaggio attraverso un reportage fotografico quale momento di riflessione legato alla storia, coerente ad un percorso formativo avviato da anni sulla memoria nei giorni in cui maggiore è l’attenzione sul tema dell’Olocausto e della deportazione italiana nei campi di sterminio nazisti. Un profondo lavoro di ricerca artistica dove a parlare sono stati i volti e le testimonianze scritte, di chi ancor è rimasto unico testimone vivente di un età che parla di persecuzioni e di sterminio. “Una raccolta dove la forza e l’efficacia restano impresse in quell’immagine che arriva diretta; la potenza dirompente, invece, viene lasciata alle parole. La volontà – ha sottolineato Cristina Ballerini, curatrice della mostra – è stata quella di trasmettere una tragedia sì collettiva, ma al tempo stesso fatta di storie individuali: l’umanità dei singoli che l’Olocausto voleva disumanizzare.”
La mostra “Sopravvissuti : ritratti, memorie, voci” ha proposto una toccante serie di scatti ai superstiti dei lager realizzati dal fotografo torinese Simone Grosso tra il 1998 e il 2003. L’appuntamento rientra all’interno di un percorso di studi che il Polo Formativo Universitario Officina H, ha avviato sul tema della memoria nell’ambito della Biografia e Autobiografia.
Sopravvissuti 2“Abbiamo bisogno di riprendere la nostra storia per capire da dove arriviamo e dove vogliamo andare. Siamo strade tracciate per i nostri figli” ha sottolineato Fabrizia Cogo, docente esperta in biografia ed autobiografia. Nelle sue parole la necessità di narrare la storia e di guardare ai ricordi. “Guardare ai ricordi serve a guarire l’anima, serve a farci stare bene. Noi scriviamo per ricordare, riportando indietro un pezzo di vita; siamo noi a decidere se tenerlo vivo o cercare di cancellarlo. Promuovere la narrazione autobiografica, significa rivalutare il bisogno che le persone hanno di scrivere di sè, di non perdere il ricordo di ciò che siamo stati.” Poi lo sguardo al potere del tempo: quello di conoscersi, di non dimenticarsi e di non dimenticare. Spesso la funzione dell’infermiere è quella di raccogliere le memorie, di trascriverle per riportare una carezza o un gesto d’amore. “E la mostra fatta di racconti e di ricordi – ha aggiunto Robero Quarisa, docente biografia/autobiografia – Si inserisce nella cornice di un Polo che vuole raccontare delle storie. Raccontare di sè fa riflettere sui propri stati emotivi migliorando la capacità di comprendere l’altro. Dare spazio alla “medicina narrativa” vuole diventare il modello di riflessione del futuro attraverso la ricerca di un’attenzione che sia sempre più mirata al bisogno specifico di chi necessita di assistenza.”
Torna il tema dell’umanizzazione e della volontà di far sì che le pagine di questa tragica storia non debbano ripetersi mai più. I volti disposti su un leggio da orchestra raccontano di sentimenti ed emozioni, di paure e di dolore che si innalzano e vibrano come le note di una canzone che una ad una andranno a costruire lo scheletro di questo dramma musicale che è stato l’Olocausto. “La memoria di ogni singolo costituisce la memoria di un evento – ha aggiunto Roberto Quarisa – Loro lo fanno a bassa voce, con delicatezza, quasi sussurrando.” A rendere omaggio anche il Coro Baiolese con canti capaci di fissare nella memoria collettiva questa e altre tragedie dell’umanità contemporanea. “Pagine, voci, canti, parole per dare un segno oggi a quella sofferenza di ieri – ha sottolineato Diego Targhetta Dur, coordinatore del Polo Officina H di Ivrea – corso di laurea in infermieristica – Per riconoscerla, guardarla negli occhi e agire con tutte le nostre forze perché non possa mai più annidarsi nel nostro domani.”
Obiettivo del Polo è anche questo. Vedere in quello spartito l’opportunità di crescere, di creare melodie, dove l’infittirsi di note altro non è che un’infittirsi di “saperi” singoli e collettivi per dare voce ad un futuro che parli di speranza.
Karen Orfanelli

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