Il giusto consumo di sale

Una particolare attenzione merita la campagna per la riduzione del consumo del sale nella lotta alle malattie renali.
Non si tratta però di una questione che interessa solo chi ha una malattia renale, oppure una pressione arteriosa elevata per un’ipertensione essenziale, o una malattia cardiovascolare. È una questione molto importante anche per chi è sano.
In effetti, la maggioranza delle persone consuma sale in eccesso, anche più del doppio di quanto è raccomandabile, e si espone a numerosi, possibili effetti negativi. Molto sodio nella dieta facilita la comparsa dell’ipertensione arteriosa con i conseguenti danni cardiocircolatori e renali, l’aggrava se presente, favorisce gli edemi, riduce l’effetto degli ipotensivi sino a causare una pseudo resistenza a questi farmaci. Numerosi danni inoltre possono essere provocati direttamente a diversi organi, anche indipendentemente dall’ipertensione arteriosa.
Evitare un consumo elevato di sale diminuisce il rischio dei danni segnalati, consente una riduzione della pressione negli ipertesi, potenzia gli ipotensivi, ed è molto utile alle persone obese.
Iniziative per una riduzione del consumo di sale sono in corso, oltre che in Italia, in numerosi Paesi.
La sezione Piemonte e Valle d’Aosta   (FIR onlus) La Fondazione Italiana del Rene, considera di particolare importanza l’impegno per la riduzione del consumo di sale   e rinnova quest’anno il suo invito ad un più corretto consumo di  sale
Ecco alcuni consigli per raggiungere questo obiettivo, redatti dal Prof. Giuseppe Piccoli, Past President della Sezione Piemonte della FIR (giuseppe.piccoli@unito.it).
Consigli per un giusto consumo di sale
Il 40% del sale (NaCl) è costituito da sodio. Spesso, nel linguaggio corrente, i termini sale e sodio, l’elemento che qui ci interessa, sono usati come sinonimi.
Il sodio è indispensabile alla vita. La maggioranza delle persone lo consuma però in eccesso, anche più del doppio di quanto è raccomandabile, e si espone a possibili effetti negativi. Molto sodio nella dieta facilita la comparsa dell’ipertensione arteriosa con i conseguenti danni cardiocircolatori, l’aggrava se presente, favorisce gli edemi, riduce l’effetto degli ipotensivi; provoca danni anche indipendenti dall’ipertensione: ictus, ipertrofia cardiaca, osteoporosi, calcolosi renale, neoplasia gastrica; aggrava il danno renale. Evitare un consumo elevato di sale diminuisce questi rischi, consente una riduzione della pressione negli ipertesi, e potenzia gli ipotensivi; è utile negli obesi; è indispensabile in presenza di edemi; favorisce l’azione antiproteinurica di ACE inibitori e sartanici. L’effetto ipotensivo è maggiore negli anziani; si verifica pure nei normotesi, ma non è significativo.

Come introduciamo il sodio?
I dati variano molto in paesi e regioni differenti, e da persona a persona. Schematicamente si può distinguere un apporto:
1)    Discrezionale = sale che viene aggiunto durante la preparazione dei cibi e a tavola. È un apporto quanto mai vario che va, a seconda delle regioni e delle abitudini individuali, da un 10 -20 % a oltre il 35% di quanto consumiamo.
2)    Non discrezionale = sale che è stato aggiunto nella preparazione del pane (da solo arriva al 30% del consumo giornaliero) e dei prodotti trasformati: insaccati, prosciutti, pesce salato e pesce affumicato, formaggi conservati, cibi in scatola o precotti, salse, dadi etc. Mediamente, secondo l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, in Italia rappresenta oltre il 54% del consumo. In singole persone, può raggiungere l’80%. Sta a noi trasformare parte di questa quota in “discrezionale”, con un’attenta scelta dei cibi.
3)    Non discrezionale = sodio già presente naturalmente in verdura e frutta (da un 2- 3 sino a un 10 % del consumo).
4)    Occasionale: sodio contenuto in farmaci (come ad esempio citrato di sodio, bicarbonato di sodio, cloruro di sodio)

Come possiamo calcolare la quantità di sale che introduciamo giornalmente?
Se il peso corporeo è costante, non vi sono diarrea o sudorazioni importanti, non vi sono problemi di insufficienza cardiaca o renale, non vi è una sindrome nefrosica (caratterizzata dalla perdita con le urine di elevate quantità di albumina) e non si usano saltuariamente dei diuretici, la quantità di sodio (che è la componente del sale che interessa) eliminata con le urine in 24 ore corrisponde a all’85 – 90% di quella introdotta, e questo valore viene utilizzato per valutare l’introduzione di sale. La sodiuria di 24 ore è di facile esecuzione. È dosata sulle urine dopo alcuni giorni di dieta abituale, ed è indicata non in milligrammi, ma con scale di misura in millimoli (mmol) o in milliequivalenti (mEq): 1 mmol o 1 mEq di sodio = a 23 mg di sodio.

Quanto sale dovremmo consumare?
Secondo alcune importanti Agenzie Sanitarie, che riscuotono un consenso generale, l’apporto giornaliero di sodio raccomandato agli adulti è di 100 mmoli al giorno (5,8 g di sale). Un apporto ancora più ristretto, 65 mmoli (3,8 g di sale), è consigliato a chi ha più di 40 anni, agli ipertesi, ai “pre ipertesi” (pressione arteriosa 120-140 su 80- 89 mmHg), a chi ha una malattia renale o cardiaca e a chi ha degli edemi, o tende a formarli.
Il giudizio sul consumo di sale viene appunto dato in base alla sodiuria. Una sodiuria tra 80 e 100 mmol / 24 ore indica un apporto corretto. Si noti che, nel nostro ambiente, la sodiuria è in genere 150 – 200 mmol / 24 ore. Solo quando si stiano formando degli edemi su base cardiaca o nefrosica la sodiuria è molto bassa, in quanto il rene trattiene il sodio in modo anormale, e quindi non esprime la quantità introdotta. Al di fuori di queste condizioni particolari, un apporto inferiore a 40 – 50 mmol al giorno,  indicato da una sodiuria di questa entità, non pare utile, e in caso di diarrea, intense sudorazioni, o di impiego di alte dosi di diuretici può esporre a qualche rischio, soprattutto in persone anziane.

Come possiamo ridurre il sodio che consumiamo?
Evitare il consumo abituale di:
salumi, prosciutti crudi e cotti, bresaola, carni salate, pesce salato o affumicato; pesce e carne in scatola; formaggi conservati; conserve alimentari salate; zuppe preparate in commercio; salse, come salsa di soia, ketchup, maionese in commercio, senape; dadi; cibi precotti (minestre, primi etc.); merendine, patatine, snack salati, crackers soprattutto se salati in superficie; pizze (è permessa la “margherita”); cereali per la colazione (attenzione al loro contenuto in sale); bicarbonato e citrato di sodio.
Consumare:
pane sciapo (pane toscano o pane azzimo), grissini senza sale; verdura e frutta fresca; carni e pesce freschi o congelati (non in scatola o preparati); verdura cotta e cruda servita in tavola non salata; aromi e spezie naturali per dar gusto ai cibi poco salati: aglio, rosmarino, cipolla, peperoncino, prezzemolo, aceto di vino, aceto balsamico, aceto di mele, succo di limone.
È necessario ridurre progressivamente il sale impiegato nella cottura dei cibi in cucina, ricordando: non usare sostituti del sale contenenti potassio, che può essere nocivo se si assumono certi ipotensivi (ACE inibitori e antagonisti recettoriali) o diuretici risparmiatori di potassio, come lo spironolattone o il canreonato di potassio, e nell’insufficienza renale grave. Buona parte dello iodio proviene dal sale: quando lo riduciamo, è quindi necessario usare soltanto sale addizionato con iodio.

Chi è interessato a valutazioni più precise può consultare su internet le Tabelle di composizione degli alimenti – INRAN –Istituto Nazionale di Ricerca per gli alimenti e la nutrizione.

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