Da Violetta al femminicidio

Il femminicidio è divenuto, ormai, tanto usuale che, a breve, se continua così, diventerà abitudine e, purtroppo, nel sentire le cronache di fatti tanto cruenti, non ci faremo nemmeno più caso. Capita sempre così al punto che, per ricordare uno degli eccidi di massa più feroci della storia, si è dovuto istituire il ‘giorno della memoria’, proprio per non dimenticare. Sembra che, alcuni uomini, non riescano proprio a considerare le donne e, soprattutto la propria donna, come esseri senzienti in grado di decidere per se stesse; è il maschio ‘forte’, troglodita ed anche un po’ sbandato, che non riesce ad uscire dal cliché per cui l’uomo deve considerare la donna un essere inferiore, di sua proprietà, che non sa pensare e che, per questo, deve assoggettarsi al suo volere. Molti sono gli esempi storici che si potrebbero citare ma siamo nella terra di Violetta e, quindi, l’innalzeremo, come ha già fatto la storia del Carnevale d’Ivrea, a nostra eroina. La leggenda narra che Lei, figlia di un mugnaio, si fosse follemente innamorata di un giovincello, tale Toniotto e che, sulla spinta del loro amore, i due decidessero di convolare a nozze. L’epoca in cui si svolse la vicenda, era un periodo storico in cui i signorotti imponevano la loro volontà sul piano di governo del territorio e delle finanze, ma avevano anche molti diritti sui loro sudditi; uno di questi diritti-soprusi era lo “Jus primae noctis”, potevano cioè approfittare del loro potere per imporre a tutte le donne che si sposavano di trascorrere con loro la prima notte di nozze. Salvo che, come pare storicamente accertato, i novelli sposi, non pagassero una cospicua tassa per evitarlo. Racconta la leggenda che Violetta, assolutamente indisponibile a concedere la sua prima notte a Ranieri di Biandrate, per se stessa ed anche per vendicare tutte le ragazze che avevano dovuto sottostare a questa angheria, finse di accondiscendere con slancio alla volontà del despota. Trovatasi sola con lui, infiammò il suo animo ed i suoi sensi, con il potere della seduzione e, nell’attesa di poter finalmente dare sfogo alla sua virilità, Ranieri, per contrastare l’arsura dell’eccitazione, continuava a bere spropositatamente. Quando Violetta fu certa che fosse completamente ubriaco, approfittando dell’ottenebramento causato dai fumi dell’alcool, estrasse la spada che aveva portato con sé e, con mossa fulminea, gli mozzò di netto il capo. Finalmente libera dall’oppressione, si affacciò alla finestra del castello facendo ciondolare il testone dell’infame. Il popolo che si era radunato sotto il maniero ebbe così il suo segnale e diede il via alla rivolta di liberazione da schiavitù e tirannia. Questa è la donna che, per difendere i propri diritti, ciò in cui crede e ciò che ama, si trasforma da debole ed innocua creatura a determinata e pericolosa vendicatrice trovando soluzione finale non con la forza ma con l’ingegno. Molte donne, purtroppo, sottostanno per paura o per dovere ai voleri di uomini che le sfruttano, le offendono, le schiavizzano, le privano dei più basilari diritti riducendole ad una vita infame e rendendole vittime di feroci omicidi. Potenti nella loro forza fisica, questi maschi egoisti e prepotenti, soverchiano l’altrui volontà per il proprio tornaconto non comprendendo che, alla fine, arriverà una Violetta che, in senso assolutamente metaforico, taglierà loro la testa. Per fortuna gli uomini, nella loro stragrande maggioranza, non sono rimasti a quei livelli di rozzezza. La lotta all’ignoranza ed alla barbarie deve continuare costantemente in tutta la società, dalla famiglia, alla scuola e a tutti gli ambiti del sociale. Solo la crescita di ogni singolo individuo può far crescere in dignità e civiltà, la società che ci racchiude. Anche se il cammino è ancora molto lungo, auspichiamo l’arrivo del giorno in cui uomini e donne, con pari diritti e pari doveri, vivranno in perfetta amorevole armonia, collaborando ed aiutandosi l’un l’altra.
N.V.

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