Continua l’impegno dell’Associazione Buoni Amici Onlus a favore dei più deboli.

FAVRIA – Dopo aver ottenuto la favorevole ordinanza del Tar Piemonte del mese di giugno, che ha sospeso l’efficacia dei provvedimenti del Ciss 38 che avevano istituito le liste d’attesa per l’accesso al Centro Diurno, continuano le attività dell’Associazione Buoni Amici Onlus per la difesa dei diritti dei più deboli.
All’inizio del mese di ottobre è stato depositato un altro ricorso al Tar contro il regolamento del Centro Diurno. Il ricorso è stato presentato, nello specifico, avverso quell’articolo che determina le modalità di compartecipazione ai costi di questo indispensabile servizio per le persone disabili. La legge Regionale 1/2004 che riordina il sistema Sociosanitario in Piemonte prevede la compartecipazione ai costi dei servizi da parte degli utenti, in funzione del reddito dell’utente stesso. L’Associazione Buoni Amici Onlus è d’accordo su questo principio e non sostiene la linea del “tutto gratis”, chi ha proprietà o capitali è giusto che contribuisca. Ma per chi invece non ha niente, non può lavorare e vive solo dei sussidi dello Stato il discorso è diverso. Il problema nasce quindi da quell’articolo del regolamento che vuole considerare un reddito, o una disponibilità finanziaria o in qualsiasi altra maniera la si voglia chiamare, l’assegno di accompagnamento che lo stato concede a chi non è autosufficiente, al fine di aiutare lui ed il suo nucleo familiare nell’accudirlo e mantenerlo all’interno del nucleo familiare stesso.

Il servizio del Centro Diurno è indispensabile perché aiuta le famiglie nel poter tenere a casa il congiunto sollevando un po’ il carico di lavoro altrimenti insostenibile e quindi evita il ricovero in strutture con costi ben maggiori per la collettività.
L’Associazione “Con noi e dopo di noi” di Mantova ha recentemente fatto uno studio per determinare quali sono gli effettivi costi che una famiglia sostiene per accudire a casa propria un figlio o parente disabile. Inserendo quei costi che sono quantificabili come: i pasti; la disponibilità di un alloggio arredato con le relative utenze (gas, luce, acqua, rifiuti, ecc.) e spese per la pulizia; l’igiene e la cura della persona; il vestiario (inteso sia come acquisto sia come servizio guardaroba, cioè lavare, stendere, stirare ecc), si arriva ad una cifra superiore ai 13.000 € l’anno. A questi vanno aggiunti tutti quei costi che sono personali (come i costi per la mobilità, la salute ed il tempo libero) e quindi difficili da rappresentare come spesa media, ma che ci sono.

Lo stato, tra Pensione di Invalidità Civile e assegno di Accompagnamento, mette a disposizione poco più di 9.000 € l’anno. La differenza tra le due cifre è a carico della famiglia che ha il figlio disabile.

Tutto questo senza tener conto dell’impegno continuo di cui necessita il disabile e che costringe molte volte un familiare a non poter lavorare o a dover accettare un lavoro che gli lasci comunque libero tutto quel tempo che serve per accudire il figlio o il parente, con una ricaduta economica e sociale sulla famiglia enorme. Se si volesse quantificare il valore in Euro di questo impegno, basta confrontarlo al costo, che molti purtroppo conoscono, di una badante.

Un parente disabile è quindi una causa continua di “impoverimento” delle famiglie che lo accolgono. Le Istituzioni non solo fanno finta di non accorgersene, ma addirittura sembra stiano lavorando per aumentare questo impoverimento sempre di più, sia a livello nazionale, sia locale. Nonostante le famiglie non abbiano alcun obbligo giuridico di accogliere congiunti maggiorenni non autosufficienti, lo fanno con passione ed amore, svolgendo un servizio alla collettività, che altrimenti dovrebbe mantenere queste persone in strutture ben più costose dei sussidi che lo Stato dà alla persona disabile al domicilio e non è accettabile che le famiglie che vengono ulteriormente trattate come una fonte di denaro da spremere.

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