Fusione di 66 comuni dell’Anfiteatro Morenico: utopia o realtà?

CALUSO – Una proposta innovativa e rivoluzionaria. Così è stato definito il progetto (AMI) di fusione dei Comuni compresi nell’Anfiteatro Morenico presentato nel corso della serata di ieri a Caluso dal Forum Democratico per il Canavese. L’idea messa a punto dal lavoro di un gruppo di amministratori e cittadini è quella di dare vita ad un’unica grande città di 100mila abitanti, attraverso la fusione dei 66 comuni, spiegano gli ideatori, “in cui oggi è polverizzato il territorio“. Diversi gli interventi, ma la domanda sembra essere sempre la stessa: “Siamo pronti ad affrontare un passo così importante?”
Un pizzico di polemica sta nelle parole iniziali del Sindaco di Caluso, Marco Suriani, nell’osservare una sala, quella dell’Oratorio Sant’Andrea non certo all’altezza delle aspettative per un argomento così importante. “Ho invitato tanti amministratori – ha commentato il primo cittadino – ma tutti si sono detti impegnati nella campagna elettorale. Ho cercato di spiegare loro che questo era uno dei temi importanti della stessa, ma purtroppo, i grandi temi non sono più consoni agli amministratori di oggi.” Suriani ha sottolineato come l’analisi del progetto parta dai problemi esistenti per offrire delle opportunità. La nascita della città metropolitana rappresenta un problema, così come la legge, procastinata di anno in anno che obbliga i comuni sotto i 5mila abitanti ad agire in forma associata, accanto certo alla crisi economica dell’area in cui viviamo. Ma per il primo cittadino calusiese gli aspetti positivi non mancano e tra di essi, ad esempio, un tessuto produttivo che impiega meno manodopera ma che resiste ed un sistema educativo eccellente. “Un progetto suggestivo, secondo alcuni utopistico – ha concluso il Sindaco – Ma questo è il paese in cui si è riusciti a trasformare le utopie in fatti concreti. Da questa idea di ‘Città diffusa’ si può pensare da un lato di avere un ruolo non secondario alla Città metropolitana e dall’altro di un rilancio economico.”
ùIl progetto prende le mosse da un convegno organizzato da Confindustria Canavese su studi analitici relativi ai centri di innovazione tecnologica in Italia. “Sono evidenti i vantaggi che potrebbero derivarne, in termini di peso politico, di autorevolezza, di qualità ed efficienza dei servizi, di pianificazione e sostegno a iniziative imprenditoriali per lo sviluppo, capaci di attrarre investimenti e lavoro e reagire così al declino conseguente alla fine della Olivetti” hanno sottolineato gli organizzatori. Un progetto in divenire, non di ‘spending review‘, così come evidenziato da Lino Nai, ma di sviluppo del territorio. “L’ambiente in cui viviamo è attrattivo – ha detto – ma è il lavoro che viene a mancare; un declino che dobbiamo andare a recuperare. Abbiamo consultato documenti di origine economica, sociale culturale e ne è emerso che per uscire dalla crisi occorre avere un momento di grande innovazione. Secondo l’indice di competitività regionale dettato dall’Unione Europea fattori di sviluppo ed innovazione guardano a quelli che sono stati definiti i ‘pilastri base‘, cioè le istituzioni, la stabilità macroeconomica, le infrastrutture, la sanità, la qualità dell’istruzione primaria e secondaria; ‘pilastri di eccellenza‘ cioè l’istruzione superiore e permanente, l’efficienza del mercato del lavoro, la dimensione del mercato; ‘pilastri innovazione‘, quindi l’eccellenza tecnologica, la sofisticazione del businness, il grado di innovazione. “Il Piemonte ha un indice di competitività regionale pari a 55.5 (Lombardia 65.3, Emilia 60.3, Lazio 58.5, Veneto 56.1) – ha continuato Nai – Dobbiamo recuperare e come fare? Occorre tornare ai pilastri base e per rafforzarli, occorre migliorare la qualità delle istituzioni, avere maggiore peso politico, maggiore autorevolezza per partecipare a progetti nazionali ed europei.”
Lo sguardo al governo dell’AMI oggi enormemente frammentato con il 95% dei piccoli comuni con meno di 5mila abitanti, 66 Sindaci, 150 Assessori, 670 consiglieri. “Se di 66 Comuni ne facessimo uno solo, saremmo la seconda città, con 110mila abitanti, mentre oggi Ivrea è tredicesima nella Provincia.” Questo significherebbe anche pagare meno oneri finanziari, contare su incentivi statali e regionali, essere esenti dal patto di stabilità per tre anni, accanto ad una maggiore rappresentatività. Tre direttive di sviluppo sono: aumentare la qualità del sistema educativo, politiche dirette ed indirette in sistemi innovativi, sviluppare ambiti naturali per lo sviluppo sportivo e culturale. E i giovani cosa pensano? Lo si è domandato agli studenti del Gramsci e del Botta di Ivrea: “Vedono un territorio unico e credono in un unico ambiente, piuttosto che vivere in un unico paesiello.”
La parola al pubblico. Giorgio Panattoni, ha parlato di un progetto rivoluzionario che deve mettere in discussione le nostre abitudini. Relativamente alla crisi economica ha messo l’accento sulla debolezza dello Stato incapace di fare scelte strategiche. “Uno Stato debole – ha detto – non permette a istituzioni di secondo e terzo livello di diventare forti.” Dito puntato anche sull’inesistenza di una legge che obbliga la fusione dei Comuni. “Oggi di fatto esiste una legge che istituisce dei benefici se i Comuni si fondono. E‘ inutile fare un ragionamento sulla fusione dei comuni su di un consenso, se poi il consenso non c‘è”. All’attenzione dell’on. Panattoni anche la qualità del capitale.
Anche per Elio Lepore, Presidente del Consorzio socio assistenziale Cissac, si tratta di una proposta rivoluzionaria ma che bisogna saper calare nella realtà, che vive nella paura di perdere la propria identità sul territorio e la consapevolezza che un’aggregazione non si fa dall’oggi al domani e il cittadino deve sapere in termini di servizi cosa resta al proprio comune.
Secondo il Sindaco di Pavone, Maria Aprile, occorre darsi un modello, arrivare a Torino dove farsi riconoscere come area sperimentale. Dividere i servizi al cittadino e gestione della famiglia da una pianificazione di problemi importanti, pensati su larga scala che devono far arrivare sviluppo sul territorio.
E l’intento del progetto è proprio creare sviluppo sul territorio. “La ricerca – ha commentato Savino Beiletti Sindaco di Strambino – è della forza che un territorio può produrre al di là del mantenimento dei servizi, La dimensione del progetto è di rapportarsi all’Europa per avere finanziamenti ed essere polo di attrazione. Dobbiamo fare in fretta per non diventare periferia della Città Metropolitana ma poi dobbiamo essere anche in grado di creare questa attrattivi del territorio.”
Insomma occorre creare un peso politico – ha concluso Aldo Gandolfi, Presidente del Forum Democratico del Canavese – da portare il territorio a vedere momenti di positività e non di declino.

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