Lotta all’usura: 6 usurai e prestiti per 5 milioni di euro

TORINO – Al telefono, preferivano parlare di “commissioni”, non di interessi. I pagamenti, poi, avvenivano in parte in contanti, per non lasciare alcuna traccia dei tassi da usura praticati.
I Finanzieri del Nucleo Polizia Tributaria di Torino, al termine di indagini coordinate dalla locale Procura della Repubblica, hanno eseguito i provvedimenti cautelari coercitivi e patrimoniali emessi dal G.I.P. del Tribunale di Torino nei confronti di sei soggetti, accusati di praticare prestiti ad usura nei confronti di imprenditori torinesi e di clienti del Casinò di Saint Vincent. A dare l’avvio all’attività investigativa, la denuncia, nel settembre 2009, di un imprenditore torinese finito nelle morse di due degli indagati.
Le investigazioni delle Fiamme Gialle hanno consentito di raccogliere elementi idonei ad integrare la fattispecie del reato di usura grazie all’utilizzo trasversale di diversi strumenti d’indagine. Con le intercettazioni telefoniche sono state identificate, nel solo periodo oggetto d’indagine (2009-2011), 41 vittime. Gli accertamenti finanziari su oltre 150 conti correnti e un’ingente mole di assegni sequestrati presso le abitazioni degli indagati, corroborati dall’escussione in atti degli “usurati”, hanno poi permesso di ricostruire compiutamente il modus operandi utilizzato.
Il meccanismo, in linea generale, era sempre lo stesso: i “cambisti” stazionavano nelle adiacenze del Casinò di Saint Vincent e consegnavano i contanti in cambio di un assegno con un importo maggiorato del 20% mensile. Al termine della serata, il giocatore, in caso di vincita, all’uscita del casinò restituiva i soldi riottenendo l’effetto dato a garanzia; se, invece, perdeva, l’assegno veniva posto all’incasso a distanza di settimane o mesi. Se onorati in giornata, i prestiti non producevano alcun interesse. Al fine di eludere eventuali controlli, i titoli venivano spesso versati sui conti correnti di terzi soggetti in buona fede, ignari della loro provenienza “illecita”.
I “cambisti” operavano nei pressi della casa da gioco, alla luce del sole, forti di una sentenza della Cassazione che, nel febbraio del 2010, si era già espressa assolvendo dal reato di usura gli imputati di un analogo procedimento penale; il compenso “pattuito” tra le parti era stato qualificato, infatti, come una sorta di “commissione” ed era stata configurata la sola condotta di abusivismo finanziario.
La meticolosa analisi dei flussi bancari effettuata dai Finanzieri si è rivelata determinante per dimostrare quanto fosse radicata nel tempo l’attività usuraia e far emergere, in alcuni casi, un vero e proprio rapporto di fidelizzazione degli “usurati”.
Il tenore delle telefonate ha confermato, infatti, la capacità dei cambisti di intrattenere rapporti duraturi nel tempo, senza ricorrere ad alcuna intimidazione per recuperare i crediti, semplicemente approfittando dello stato di bisogno delle vittime.
Gli avventori abituali del casinò erano uomini e donne di media età, con una irrefrenabile passione per il “tavolo verde”, i quali hanno ammesso di aver fatto ricorso agli usurai a causa delle difficoltà ad ottenere prestiti dalle banche o per nascondere ai familiari il vizio del gioco.
A Torino, le vittime erano, in genere, piccoli imprenditori nei settori della ristorazione, allevatori, titolari di officine, spesso alle prese con crisi di liquidità.
Il volume dei finanziamenti ricostruito dalle Fiamme Gialle si aggira intorno ai 5 milioni di euro.
Nei confronti di 4 “cambisti” è stata emessa la misura del divieto di dimora, per impedire loro di esercitare l’attività di cambio – assegno. I militari hanno anche eseguito il sequestro di beni per un valore complessivo di 3 milioni di euro. Nel dettaglio si tratta di una villa ad Aosta con 3 autorimesse, di altri 3 appartamenti e 6 autorimesse a Torino, Cuneo e Vercelli, della società nei cui locali avvenivano i cambi – assegni, di 2 auto di grossa cilindrata e 20 rapporti finanziari.
I beni immobili e le disponibilità finanziarie riconducibili agli indagati, i quali non svolgono alcuna attività “ufficiale”, sono stati “congelati” sulla presunzione che, costituendo un patrimonio eccessivo rispetto ai redditi dichiarati al Fisco, sono stati accumulati illecitamente; presunzione avvalorata dai precedenti specifici a loro carico.
Nel corso delle perquisizioni domiciliari sono stati sequestrati 109 titoli in originale o copia per un ammontare complessivo di quasi 370.000 euro e 19.000 euro in contanti, nella disponibilità di uno degli indagati che “ufficialmente” vive della sola pensione dell’INPS. Ma i presunti “cravattari” non disdegnavano neanche pagamenti alternativi dalle loro vittime; in casa di uno di loro sono state rinvenute pure 19 fiches del Casinò di Saint Vincent, ognuna del valore nominale di 1.000 euro.

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