Comunità Montane in piazza: nessuna garanzia sugli stipendi per mille lavoratori

TORINO – Tocca ancora una volta alla montagna. L’ennesimo attacco alle Terre Alte si consuma alle spalle dei mille lavoratori delle 22 Comunità montane e delle imprese dell’indotto che insieme assicurano i servizi a 553 Comuni montani, dove vivono 600mila piemontesi. I lavoratori sono scesi in piazza nella mattinata di oggi, lunedì 26 novembre, a Torino assieme ai colleghi dei Parchi, per condividere con l’opinione pubblica la drammatica situazione in cui si trovano: sono a rischio i loro stipendi per gli ultimi mesi del 2012, mentre dal 1° gennaio 2013 non hanno alcuna certezza di ricevere il compenso per le attività che svolgono non avendo la Regione definito il “fondo montagna” cioè l’entità dei trasferimenti alle Comunità montane per pagare appunto il personale, le spese di funzionamento degli enti, le rate di mutuo.
«I sindacati, assieme ai rappresentanti degli enti, agli amministratori e all’Uncem – spiegano il Presidente Lido Riba e il vice Presidente Giovanni Francini – hanno chiesto alla Giunta regionale delle precise garanzie sull’erogazione dei finanziamenti per il 2012, circa 10 milioni di euro che, uniti ai 5 già impegnati, erano stati previsti sul Bilancio regionale preventivo. Le Comunità montane si stanno trasformando in Unioni montane di Comuni ma finora la Regione non ha dato garanzie sull’entità del “fondo regionale montagna” per il 2013. La legge ha modificato la composizione del fondo, che era di circa 17milioni di euro fino al 2010 e aveva come cespite il 20 per cento dell’accise regionale sul gas metano. Oggi i cespiti sono stati ridefiniti, ma sulla legge regionale non vi sono tracce di cifre o percentuali. Solo uno scarno riferimento alla composizione. Non ci stiamo. Non possiamo permettere un sistema pubblico che ancora una volta fa cassa alle nostre spalle, che taglia e distrae su altri capitoli le risorse individuate per le aree montane.» 
Riba e Francini chiedono l’immediata apertura di un tavolo politico con la Giunta regionale e i rappresentanti dei gruppi consigliari. «La Regione deve spiegare come i Comuni e le Comunità montane possano attuare la riforma, la seconda rivoluzione in meno di tre anni che gli enti stanno subendo. Soprattutto vanno definite al più presto le competenze e i finanziamenti delle Unioni montane. Se così non sarà in tempi brevi, il 52 per cento della regione sprofonderà nel caos, tecnico e istituzionale. A rimetterci ovviamente saranno i lavoratori, con le loro famiglie, e tutti coloro che vivono e operano nelle Terre Alte. Saranno messi a rischio i servizi, come quello scolastico e socio-assistenziale. Tutto a causa di una impreparazione e di uno sbandamento che per le Terre Alte è sinonimo di crollo, di distruzione. Non possiamo accettarlo. Siamo pronti a dare il nostro apporto, affinché si ristabiliscano regole e cifre chiare, si ridiano certezze ai lavoratori che da tre anni vivono con grande preoccupazione i mesi di novembre e dicembre.»

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