“Fiori per l’Assunta”, per il secondo anno a Ivrea

IVREA – “Porgere un fiore sostituisce tutte le parole, tutti i discorsi, rappresenta un gesto umile, che compiamo ai piedi di Maria.” Sono solo alcune delle parole che l’Arcivescovo di Cagliari e Vescovo di Ivrea, Monsignor Arrigo Miglio, recitò lo scorso anno, in Cattedrale, durante la celebrazione della Santa Messa di Ferragosto, Festa dell’Assunta. Ed è nel linguaggio simbolico dei fiori che incentrò la sua omelia, dopo aver deposto l’ultimo mazzo a comporre il manto a ornamento di quella statua alta dieci metri che è ormai quasi entrata a far parte della tradizione eporediese e dedicata alla Vergine Assunta.
Torna così, per il secondo anno consecutivo “Fiori per l’Assunta”, l’appuntamento ideato da Elvio Gambone, Presidente dell’Associazione Eporedia 2004, supportato dalla Diocesi, che ne ha accolto favorevolmente il progetto. E dalla terra sarda, tornerà anche Monsignor Miglio ad appoggiare ancora una volta l’ultimo fiore e ad innalzare la sua preghiera. Una manifestazione religioso-popolare, in una Cattedrale dedicata a Santa Maria Assunta, che vuole essere anche un momento di aggregazione, motivo di incontro per chi a Ferragosto resta in città; e al tempo stesso l’intenzione è quella di solennizzare l’appuntamento, facendo rivivere il vero valore della festa, dalle antiche origini, citata anche negli Statuti di Ivrea del 1313. In essi si legge: “de festo et reverencia Beate Marie de Medio Augusto”, cioè la festa di metà agosto in onore della Madonna.
La statua è ispirata a quella della Virgen de los Desamparados di Valencia, la Vergine degli Abbandonati, opera di Carmelo Vincent, e risalente al 1945, conosciuta popolarmente come “La Peregrina” (La Pellegrina). Tante le persone che lo scorso anno si sono riunite a contemplarla nella sua imponenza e i numeri parlano chiaro: tredici mila viti a supportare la struttura; circa settanta mila sancarlini ad avvolgerla, per un lavoro ininterrotto dei tanti volontari che martedì 14 agosto, a partire dalle ore 20.30, inizieranno a comporre l’opera, che verrà conclusa domenica 15 agosto, prima della solenne Messa officiata dal Vescovo.
«Ditelo con i fiori» aveva detto alla Veglia di Preghiera, che quest’anno si terrà martedì sera alle ore 22, mentre fuori gli infioratori davano vita, su e giù per quella struttura lignea, ad un’opera di suggestiva bellezza.
Da piazza di Città i Vigili del Fuoco saliranno al Duomo con i primi fiori che andranno a comporre il manto, mentre da Porta Torino e da San Lorenzo si avvieranno le processioni recanti i mazzi accompagnati da gruppi musicali di espressione popolare, che convergeranno in piazza del Duomo, dove alle 21.30, avrà inizio l’infiorata. Tre colori per i sancarlini: bianchi per il mantello, rosso porpora per le bordure, rosa per il monogramma mariano sul dorso e le decorazioni sul davanti, giunti anche quest’anno dall’Olanda.
Un’edizione quella 2012 che, a fronte dell’esperienza dello scorso anno, parte con qualche punto di vantaggio, se si pensa al lungo percorso che nel 2011 ha portato gli organizzatori a studiare tutto nei minimi dettagli: dall’impalcatura alla realizzazione della testa interamente scolpita a mano, alta circa quattro metri, dalle spalle al termine della corona, il cui velo riprende le fattezze di un raffinato tessuto damascato.
«Ispirata alla della Virgen de Los Desamparados di Valencia – ha detto Elvio Gambone – si compone di una struttura lignea a cui sono state applicate testa e mani in polistirene sintetizzato ad alta densità, realizzate dalla ditta Garavaglia di Cinisello Balsamo.»
Tutti fermi immobili ad osservarla. La mano racchiude un grande rosario, e Lei sembra voler parlare all’Universo. Si è colpiti da quella pelle, da quello sguardo, da quei tratti somatici che guardano al mondo, che invitano ad aprirci alle popolazioni che abitano la terra, con le loro tradizioni, i loro saperi e conoscenze, all’amicizia e alla pace. La pelle è liscia come quella di una bambina; lo sguardo, dolce e rassicurante come quello di una mamma, invita a riflettere. «Il linguaggio dei fiori è un linguaggio semplice – aveva detto Monsignor Miglio – rivolgendosi alle tante persone presenti. Un gesto umile, che ha riunito in sè il lavoro di tutti.”
L’invito, dunque, è quello di accogliere quel linguaggio dell’umiltà che è il linguaggio di Maria. «Si può essere umili non dimenticando che siamo creature a cui la vita è stata donata e non è stata una conquista; si può essere umili riconoscendoci bisognosi di salvezza e avendo l’umiltà di tendere la mano e lasciarci guidare da quella del Salvatore; oppure si può essere umili lavorando insieme e per il bene comune, al di là di divisioni e ideologie, cercando di capire ciò che ci porta avanti e cosa indietro; ma umiltà è anche colui che rischia le critiche, che sbaglia ma accetta di provare e di ricominciare. Infine – concluse Miglio – l’umiltà più grande è il desiderio di chiedere al Signore di lavorare per il futuro, di operare per i giovani, con senso di responsabilità, guardando agli stili di vita, all’ambiente, all’educazione, ai valori. Umiltà di fare autocritica, revisione di vita, insieme come generazione, come popolo per poter guardare avanti con speranza.»
Ecco che quella Madonna alta dieci metri sembra voler ricordare tutto ciò, donando quel fiore dell’umiltà, frutto del lavoro di tanti volontari che insieme hanno avviato questo percorso di unione e condivisione per un momento liturgico affiancato da un momento di festa popolare. Ecco che dietro l’espressione di quel volto dolce e dai lineamenti marcati, un po’ donna, un po’ bambina, un po’ italiana un po’ straniera, dallo sguardo malinconico ma rassicurante, traspare il desiderio di vedere  un mondo migliore, un futuro migliore; l’invito e quello di costruirlo insieme, lontano dalla sofferenza, stringendo tutti in quell’ipotetico abbraccio di Ferragosto.

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