La politica non metta in liquidazione le imprese

TORINORete Imprese Italia ha organizzato una giornata di mobilitazione nazionale per denunciare la drammatica situazione che il nostro sistema di imprese da troppo tempo sta vivendo sulla propria pelle a causa di un’eccessiva pressione fiscale, di un crollo dei consumi senza precedenti, di un difficile e costoso accesso al credito, di una burocrazia esasperante e onerosa, per citare solo i punti di maggiore criticità. L’appuntamento è stato promosso dalle Associazioni territoriali di Casartigiani, CNA, Confartigianato, Ascom-Confcommercio e Confesercenti aderenti a Rete Imprese Italia.

La disoccupazione

A Torino è passata dal 4,7% del 2007 al 9,2% del 2011 (ultimo dato disponibile). Nello stesso periodo, in Piemonte è salita dal 4,2% al 7,6% e dal 6,1% all’8,4% a livello nazionale. Dunque, a Torino e provincia il dato è più alto rispetto sia alla media piemontese che a quella italiana. Non bisogna dimenticare, inoltre, che i nuovi disoccupati “in più” rappresentano anche altrettanti consumatori “in meno” o che hanno, quanto meno, ridotto il peso dei propri acquisti: il che va ad incidere drammaticamente sull’ampia gamma dei settori rappresentati dal Terziario commerciale e dei Servizi, così come dall’Artigianato.

I consumi

Non a caso, anche il livello dei consumi registra un andamento fortemente negativo: meno 0,5% nel periodo 2008-2011 (rispetto a un -0,6%  in Piemonte e a un -0,7% in Italia) e -5% nel 2012 (-4,7% in Piemonte e -4,4% in Italia). Va inoltre considerato che all’interno di questo dato generale – di per sé già molto grave – vi sono settori (abbigliamento, concessionari auto, agenzie di viaggio, costruzioni, autoriparazioni e manifatturiero produttivo solo per citarne alcuni) il cui andamento è, di per sé, ancora più negativo.

Le imprese

Anche i dati sulla “natimortalità” delle imprese mostrano una notevole contrazione: nel periodo gennaio/settembre 2012 (ultimo dato disponibile), rispetto allo stesso periodo2011, aTorino il saldo aperture/chiusure delle imprese del commercio è negativo di 2.273 unità e di 438 unità nei servizi di alloggio e ristorazione: una diminuzione ben più significativa rispetto all’economia generale, che ha un saldo negativo di 1982 imprese. Anche l’artigianato torinese dal 2010 ad oggi registra una flessione che relativamente al III trimestre 2012 segna un saldo negativo pari a 216 imprese.

A quando l’uscita dal tunnel?

I dati sopra riportati ci prospettano uno scenario decisamente negativo che, secondo Rete Imprese Italia, proseguirà anche nel 2013, con un’ulteriore flessione per i consumi reali pro-capite dell’1,4%, che li riporterà indietro nel tempo di 15 anni: per ritrovare un dato analogo bisogna infatti tornare al 1988. In flessione, sempre secondo i dati forniti da Rete Imprese Italia, anche il reddito disponibile reale pro-capite, pari nel2013 a16.955 Euro contro i 17.337 Euro del 2012, con un “ritorno al passato” in questo caso di ben 27 anni; così come la produzione industriale manifatturiera che manterrà lo stesso trend negativo anche nel 2013.

Notizie negative anche sul fronte fisco.

Se, infatti, nel 2012 la pressione fiscale reale per i contribuenti in regola è stata pari al 55,2% (ultimo balzello in ordine di tempo la stangata dell’Imu che ha particolarmente colpito gli immobili a uso commerciale e artigianale e la definizione delle nuove rate della Tares), nel 2013 la stessa salirà a quota 56,1% rispetto al 46,3% di quella apparente. Rete Imprese Italia chiede che la politica metta in campo programmi tesi allo sviluppo dell’economia e alla crescita del Sistema Italia. Le imprese dell’Artigianato, del Commercio e dei Servizi sono strette fra una pressione fiscale ormai insopportabile, un crollo dei consumi senza precedenti, un difficile e costoso accesso al credito, una burocrazia esasperante e onerosa. Nell’ambito del sistema economico italiano, vivendo esse prevalentemente di domanda interna, rappresentano certamente l’anello più debole e più esposto agli effetti devastanti di una “crisi” che è ormai conclamata “recessione”.

Mettere al centro l’impresa per ritornare a crescere!

Ai politici “che verranno”, chiediamo dunque di essere maggiormente ascoltati. Quattro, soprattutto, i fronti su cui il loro intervento dovrà essere incisivo e immediato: fisco, credito, politica industriale (riferita al comparto manifatturiero dell’Artigianato) e burocrazia. Portare a termine la riforma fiscale è indifferibile, si è ormai fuori tempo massimo. Assolutamente vanno abbassate le imposte per le famiglie e le imprese, “conditio sine qua non” per un’effettiva ripresa dell’economia. E, in tal senso, va definitivamente derubricata – fra le varie iniziative – l’ipotesi di un aumento dell’Iva dal 21 al 22% previsto per giugno. Estremamente urgente é anche il mettere mano ad una burocrazia che ad ogni impresa richiede 120 adempimenti fiscali e amministrativi all’anno (uno ogni tre giorni), così come ad un  sistema del credito che nell’ultimo anno ha ridotto di 32miliardi l’erogazione di finanziamenti alle aziende. Per non dire poi del fatto che le nostre imprese attendono 1210 giorni la sentenza per vedere rispettati i loro termini contrattuali (Francia 390, Germania 394, Gran Bretagna 399) e mediamente 180 giorni per i pagamenti dalla PA (Francia 65, Germania 36 e Gran Bretagna 43). Occorre, inoltre, dare slancio ad una nuova politica industriale attenta alla crescita delle piccole imprese manifatturiere. In tal senso bisogna cogliere gli indirizzi dell’Ue nel nuovo piano di utilizzo dei Fondi Europei al fine di dare alle piccole imprese maggiori opportunità nella ricerca & sviluppo e nella green economy. Su questi fronti, in modo particolare, si ritiene sia necessario intervenire in modo urgente e deciso per bloccare lo stillicidio di chiusure e soprattutto imprimere una svolta verso il rilancio economico e lo sviluppo. A Torino le imprese del settore commercio/artigianato/servizi rappresentano il 66% degli occupati (63,1% in Piemonte, 67,8% in Italia): per continuare a creare occupazione devono poter operare in un contesto più favorevole dell’attuale. Non da oggi Rete Imprese Italia e le cinque organizzazioni che l’hanno costituita hanno presentato concrete proposte di intervento che le Istituzioni ela Politicanon possono più ignorare: ne va non solo della sopravvivenza di tantissime imprese, ma anche della possibilità stessa di rilancio per l’intera economia locale e nazionale.

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