La vera storia della battaglia delle arance

La vera storia della battaglia delle aranceQuando ci ribelleremo indosseremo tutti la mascherina. Avrà il colore dei tanti stemmi dei nostri comuni, simbolo di adesione ideale ad una rivolta che inneggia alla libertà. Ci sono i tiranni e il popolo oppresso che chiede di essere ascoltato.
È la mania di grandezza il male che ci affligge. A discapito della semplicità, la nostra società ne fa un vanto, assumendo spesso atteggiamenti di superiorità. Si chiama megalomania e “guida l’uomo a fantasie di onnipotenza, fame e ricchezza”. Chi più chi meno ne soffre. E questo è il problema.
Oggi siamo tutti tuttologi, non siamo disposti a fare un passo indietro perché abbiamo ragione e dietro tanta boria non ci rendiamo conto di essere una società sempre più fragile e sola. Dietro questa solitudine di gruppo, mentre ci attribuiamo meriti e consensi, c’è chi a piccoli passi prende il sopravvento e assume sempre più potere. Si chiama Covid-19 e a lavorare per lui una task force destinata a compiere una missione importante: convincere l’umanità a rinunciare alla propria libertà. Un gioco da ragazzi per il nuovo virus che, in attesa di un vaccino, si fa strada tra la gente. Incute timore e semina morte come una guerra a cielo aperto e lo fa sicuro di sé e di una classe dirigente dalle idee confuse.
Non racconta nulla di lui. Lascia agli esperti il compito di capire e intanto prende tempo e si affida alla tv, dove tutti litigano, tutti parlano, tutti sanno, tutti si abbandonano al piacere dei talk show, diventando a loro modo personaggi di spettacolo. E così il virologo diventa opinionista, l’opinionista diventa virologo, ed è in questa confusione che in men che non si dica diventiamo schiavi di figure che dietro cotanta mania di grandezza si barricano, ne fanno il proprio scudo, la propria corazza, illudendosi di essere più grandi. Ma non è così. Tuttologi che hanno la pretesa di poter fare valere la legge dello “ius primae noctis”, così come racconta la leggenda di Violetta, eroina del Carnevale di Ivrea, che riuscì a fare ubriacare il tiranno per poi tagliargli la testa durante il sonno. Ebbe inizio la sommossa popolare e l’abbattimento del suo castello riabilitando l’attenzione collettiva.
Contro la tirannide, tra fantasia e realtà, esistono pagine di storia.
Piace immaginare storie a lieto fine a ricordarci che siamo uomini forti e non burattini. Covid oggi viaggia da nord a sud, da est ad ovest, lo fa in fretta, senza lasciare il tempo di pensare. Ci vuole distanti, lontani anche dagli affetti più cari, non permette di abbracciarci, ci nega scuola e cultura, e lo fa attraverso i DPCM di uomini mal addestrati, certo presi alla sprovvista, ma che in maniera sconfusionata ci raccontano che tutto andrà bene. E così al primo “ius primae noctis” è seguita il secondo, per poi continuare con il terzo, il quarto, il quinto fino ad interessare le forze armate terrestri e i droni stellari a ricordarci di comportarci bene.
Ma il popolo col passare dei mesi, sopraffatto dai debiti e dalla povertà a seguito di un disastro economico senza pari, non ci sta e guidato da Violetta, cerca il riscatto. Lei vestita di bianco, simbolo di fedeltà e purezza, indossa il tricolore italiano e ci rappresenta tutti. Sotto il palazzo si riversano squadre di popolo a piedi, prive di qualsivoglia protezione, ma decise a rivendicare i propri diritti. Lo fanno nel rispetto delle regole con le mascherine sul viso e distanziati, ma lo fanno questa volta uniti, sentendosi più forti e meno soli. A contrastare la gente normale, carri da getto agghindati, su cui viaggiano i potenti, con maschere di cuoio munite di grate di ferro per riparare il viso dagli insulti. A fare da contorno il profumo delle arance che verranno lanciate da entrambi gli schieramenti.
Ci sono tutte le TV alla battaglia, locali e nazionali, a riprendere la ribellione. A piedi in piazza sono scesi i rioni cittadini a rappresentare i propri comuni, mentre su ciascun carro siede un rappresentante di quel gruppo di esperti che, dietro alle maschere, ancora una volta saluta le telecamere convinto di essere ripreso. Le mani sollevate per cercare consensi vengono sopraffatte dalla forza dell’intesa dei popolani arrabbiati. L’intensità del lancio è così forte da non permettere ai potenti di colpire a loro volta. A mani abbassate, restano fermi sui carri, immobili, incapaci di rispondere al vigore degli insulti. Dietro i paramenti non chiedono scusa ma arretrano con calma. Tentano una finta ritirata per rendere il popolo ancora una volta sottomesso e vulnerabile. È la forza di Violetta, la forza dell’Unione, a non farsi sopraffare. È così che le piazze delle città accolgono gli scarli, simbolo di vitalità e buon augurio. Di fronte a palazzo, Violetta, ritta sul suo carro, regge la spada col braccio teso verso l’alto fino a che la bandiera tricolore in cima allo scarlo non sarà del tutto bruciata dal fuoco. Sarà allora che Covid-19, di fronte al comportamento fiero e corretto di tanta semplice gente, si indebolirà fino a scomparire nel nulla.
Tutto intorno c’è allegria.
Un nuovo tricolore apparirà in segno di buon auspicio per il nuovo anno e saremo noi, insieme, a vivere presto un nuovo Carnevale.
Karen Orfanelli

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