Cos’è la decrescita felice?

“I segnali sulla necessità di rivedere il parametro della crescita su cui si fondano le società industriali – sta scritto nella presentazione del libro di Maurizio Pallante “La decrescita felice” (Editori Riuniti) – continuano a moltiplicarsi: l’avvicinarsi dell’esaurimento delle fonti fossili di energia e le guerre per averne il controllo, l’innalzamento della temperatura terrestre, i mutamenti climatici, lo scioglimento dei ghiacciai, la crescita dei rifiuti, le devastazioni e l’inquinamento ambientale. Eppure gli economisti e i politici, gli industriali e i sindacalisti con l’ausilio dei mass media continuano a porre nella crescita del prodotto interno lordo il senso stesso dell’attività produttiva. Basterebbe il buon senso a capire che in un mondo finito, con risorse finite e con capacità di carico limitate, una crescita infinita è impossibile, anche se le innovazioni tecnologiche venissero indirizzate a ridurre l’impatto ambientale, il consumo di risorse e la produzione di rifiuti.”
Dalla introduzione del volume vi proponiamo uno stralcio di esempio interessante sui consumi.
“Ma che cos’è questa crescita? È la crescita dei beni e dei servizi di cui gli esseri umani hanno bisogno per vivere sempre meglio? Se vai da qui a là in automobile e non trovi traffico lungo la strada consumi una certa quantità di carburante. Se t’imbottigli in una coda chilometrica, ne consumi di piú. Quindi fai crescere di piú il prodotto interno lordo. Quindi stai meglio. E allora perché t’arrabbi? Pensa che fai star meglio anche me, che nemmeno mi conosci, e gli altri 57 milioni e passa d’italiani.
Pensando alla tua generosità mi commuovo mentre soffro come un matto e, lo ammetto con vergogna perché sono proprio un ingrato, sto facendo soffrire anche te che non conosco e gli altri 57 milioni e passa d’italiani, lungo un sentiero di montagna dove non faccio crescere il prodotto interno lordo perché non consumo nulla se non un po’ della suola dei miei scarponcini. Ma li ho comprati 10 anni fa e sono ancora belli. Certo in questi dieci anni hanno fatto dei modelli nuovi, hanno cambiato i colori, hanno spostato gli inserti in finta pelle prima un po’ piú in su, poi un po’ piú in giú, poi un po’ piú di qua, poi li hanno fatti piú stretti, poi piú larghi, ma quest’anno, li ho visti ieri in vetrina, sono di nuovo uguali agli inserti dei miei scarponcini. E li hanno rimessi nello stesso posto. Anche il colore è lo stesso. Sembra che li abbia appena comprati.”

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