A Banchette open day della Associazione Parkinsoniani del Canavese

“Mancano tanti amici che non ci sono più a causa della malattia o della pandemia.”
Il primo pensiero di Silvano Chiartano, Presidente della Associazione Parkinsoniani del Canavese, durante l’open day che si è svolto ieri a Banchette, è andato a chi non c’è più.
Sono stati mesi difficili. “Ho anche pensato di lasciare l’incarico. Ma bisogna continuare a combattere e la dimostrazione sono il centro di Banchette, in via Samone 24, e la nuova sede di San Maurizio Canavese, presso l’ospedale Fatebenefratelli.”
A Banchette il centro può contare su una palestra e tre locali ed è il contributo che ha voluto dare il comune, ha ricordato il Sindaco Antonio Mazza.
Affrontare la malattia di Parkinson è una sfida grande, ha detto la vice Presidente della associazione, Paola Dodaro; ma è una sfida possibile se si è tutti molto propositivi: caregiver, figli, mogli, mariti. Ed il volontariato è un aspetto importante.
Il dottor Claudio Geda, Direttore della Neurologia di Ivrea e Chivasso della ASL TO4, ha letto alcune pagine scritte da un malato di Parkinson che, meglio di ogni altra spiegazione, descrivono le caratteristiche della malattia e quanto è possibile e necessario fare accanto ad un paziente.
“Trattami come hai fatto sempre. Sono lo stesso di prima.”
La giornata è stata all’insegna del motto: “Parkinson: muoviamoci insieme”.
Dopo le relazioni della mattina si sono svolte alcune attività nel pomeriggio: gioco e terapia, ginnastica assistita, esercizi di logopedia, il triciclo terapeutico, Taopatch e Family Care, torneo di ping pong “Parkinsonauti”, nordic walking, giochi cognitivi, musicoterapia e tombolone.
Tra le iniziative anche la mostra postuma del pittore Giovanni Battista Balocco (Renzo), il cui ricavato è stato devoluto alla Associazione. Renzo è stato colpito da una forma acuta di malattia di Parkinson nel momento di maggior creatività. Ben presto i disturbi motori gli impedirono di continuare la sua passione per la pittura. Negli ultimi anni della malattia non fu più in grado di dipingere, né di terminare alcuna opera, giudicandosi incapace di trasmettere emozioni. “Siamo certi – dice la famiglia – che Renzo andrebbe orgoglioso di questa scelta, che darebbe “continuità alla sua passione!”

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