“Il Canavese deve governare la decrescita”

IVREA – «Scenari di sviluppo non se ne vedono; si vedono piuttosto scenari di decrescita a cui possiamo attribuire maggiori positività o negatività e per questo denominati “decrescita infelice o decrescita felice, ritenuta quest’ultima auspicabile.» Così Lucia Lorenzi, presidente del Gruppo Giovani imprenditori di Confindustria Canavese ha commentato i risultati della ricerca commissionata alla Società Aaster sul futuro del territorio canavesano, che sarà presentata mercoledì 27 marzo, alle ore 15, presso l’Auditorium Mozart di Ivrea. Si tratta del secondo appuntamento del percorso denominato “Strategie per il Canavese” che, riproponendo il modello di studio adottato da Confindustria Nazionale, si propone di porre l’attenzione sul futuro del Canavese, dopo il convegno di Agliè dello scorso anno. Obiettivo della ricerca è quello di giungere ad un inquadramento preciso ed esauriente di come si vorrebbe che fosse il Canavese in futuro e quindi i traguardi da raggiungere in termini di sviluppo economico, sociale e culturale.
«Strategie per il Canavese – ha sottolineato Fabrizio Gea – se da un lato ha comportato due tipi di analisi (lo studio di Sintesi e la ricerca AAster) dall’altro si propone di tradurre in iniziative concrete gli interventi ipotizzati: in breve analisi e progetti operativi.» Sono stati individuati una trentina di soggetti del tessuto imprenditoriale produttivo scelti tra amministratori, associazioni culturali e del terzo settore e si è cercato di capire gli “umori” del territorio ed eventuali scenari di sviluppo da cui stilare un’agenda di priorità partendo da un’indagine realizzata una decina di anni fa (indagine AAster 2004), con un Canavese inteso come “piattaforma multifunzionale” caratterizzata da una crescente rilevanza delle produzioni di nicchia ad elevata qualità, favorite, ha sottolineato Lucia Lorenzi, «dalla permanenza sul territorio di importanti risorse cognitive sedimentate dalla irripetibile storia industriale e tecnologica della Olivetti.» Evidenti erano allora alcune possibili linee di sviluppo: progetto Mediapolis, il Bioindustry Park, la Delta Film il polo di delle produzioni audiovisive di San Giorgio, il tema del Turismo, il Politecnico operativo sul territorio in grado di fornire corsi di eccellenza. Dieci anni dopo Mediapolis sembra non decollare, la Delta Film ha subito una drastica riduzione ed il Politecnico non c’è più. Resta il Bioindustry Park e prende forma il settore turistico, dell’agricoltura e dell’agroalimentare. «La crisi è evidente – ha continuato Lucia Lorenzi – ma dall’indagine emerge come una parte del sistema imprenditoriale rappresentato da imprese ad alta intensità tecnologica o di manifattura, abbiano tenuto costituendo l’ossatura produttiva del territorio. Un nucleo cioè di piccole/medie imprese capaci di assumere un ruolo di traino.» Di fatto per il futuro gli intervistati affidano le loro speranze non tanto al turismo, come spesso siamo abituati a sentire, ma alle imprese. La “decrescita felice” passa dunque attraverso processi che dovrebbero integrarsi felicemente tra loro: il riposizionamento di PMI operanti nel settore dell’alta tecnologia, il consolidamento di imprese nel settore del terziario, quello dei consumi interni per sviluppare  le “maturità creative”. Per far ciò è necessaria è una maggiore integrazione con il sistema metropolitano torinese, migliorando le infrastrutture interne ed esterne; è necessario dare spazio al confronto generazionale rappresentato da una classe dirigente ancora legata ad una estrazione olivettiana presente in molti ruoli del settore ma che rappresenta un limite nell’attuazione di percorsi nuovi; vedere il turismo visto non come nuova leva di sviluppo ma come leva per rendere il territorio più attrattivo, ed infine investire sulla qualità sociale del territorio. Ma quello che emerge dall’indagine è che il Canavese non esiste più. «Si è perso quel senso di appartenenza al territorio – ha concluso Lucia Lorenzi – a fronte di una maggiore richiesta di integrazione, che significa la possibilità di inserirsi in processi più ampi. Occorre cercare di spostare lo scenario in una “decrescita felice” all’interno della decrescita con l’accettazione del fatto che non si tornerà più a crescere alla luce dell’attuale situazione economica. Ci vogliono gli investimenti ma accanto ad essi occorre saper cambiare mentalità e porsi al cambiamento senza continuare a pensare “quanto era bello prima”. Dobbiamo saperci organizzare, fare massa critica per portare avanti questi argomenti.»

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