Il ricordo della Mugnaia Perla Faluomi Foa, deportata ad Auschwitz

IVREA – La professoressa Gabriella Gianotti, responsabile storico della Fondazione per lo Storico Carnevale di Ivrea, ha  celebrato alla presenza di un pubblico numeroso e partecipe la memoria di Perla Faluomi Foa, la Mugnaia eporediese deportata ad Auschwitz nel corso  rastrellamenti degli anni ‘40. Tutta  la comunità ebraica e la comunità eporediese ha reso omaggio al noto e mai dimenticato personaggio. La serata in Sinagoga è stato un momento di forte aggregazione  nel ricordo del periodo più nero della nostra storia contemporanea  e grazie alla testimonianza della Professoressa Gianotti  supportata dalla presenza dell’unico nipote di Perla Foa, Vittorio Andretta,  si è parlato apertamente di integrazione tra la comunità cittadina e la comunità ebraica, che aveva in Perla Foa una importante esponente e sono stati ricordati  i momenti bui di meta secolo scorso
Bruno Cossano
Chi era Perla Foa
Perla Foa nacque ad Ivrea il 16 novembre 1873 da Mosè Foa e da Giuditta Jona. I Foa erano una famiglia di ebrei sefarditi che aveva dovuto abbandonare la Spagna al tempo delle persecuzioni religiose messe in atto dalla monarchia spagnola nel XVI secolo. Giunti in Italia avevano abitato a Savigliano prima di trasferirsi ad Ivrea dove Mosè Foa (medaglia al valor militare per aver combattuto con coraggio nel Corpo di Spedizione Piemontese in Crimea) aprì un laboratorio artigianale per la confezione di divise militari per il Regio Esercito sabaudo.
Perla Foa andò sposa ad Astolfo Faluomi, un militare di carriera del Distretto di Ivrea. Venne scelta ad interpretare la Libertà e fu pertanto Mugnaia delle Storiche Celebrazioni Eporediesi nel 1892.
Ebbe tre figli, Edoardo, Olga e Corinna, che allevò amorevolmente e con grande senso di responsabilità, essendo rimasta prematuramente vedova. A lei la Comunità Ebraica eporediese affidò la custodia della Sinagoga. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale vide Perla accogliere, nell’abitazione di via Palma, i fratelli Giuseppe, ex direttore di una casa editrice-tipografica di Ivrea, e Davide, ex cancelliere del Tribunale di Torino.
Nel 1942, Perla Foa, convocata presso il Comune di Ivrea, confermò, con coraggiosa fermezza, la propria appartenenza alla religione ebraica, il che le valse, poco tempo dopo, l’arresto e l’incarcerazione nel Castello delle Quattro Torri, allora adibito a prigione. Con lei i fratelli e la moglie di Davide, Giuditta, che lì morì per una peritonite acuta.
Dopo alcuni mesi i tre fratelli vennero scarcerati e purtroppo nacque in loro la convinzione che la persecuzione religiosa nei loro confronti fosse cessata, anche in considerazione della loro età avanzata.
Nonostante venissero consigliati di abbandonare l’abitazione di via Palma per rifugiarsi in un luogo sicuro e far così perdere le loro tracce, non vollero allontanarsi, fiduciosi, malgrado le preoccupanti avvisaglie, nelle istituzioni del Paese nel quale erano nati e vissuti.
La loro fu una tragica decisione. Successivamente, vennero infatti prelevati dalle SS naziste. Internati a Fossoli, il campo di concentramento nelle vicinanze di Modena e, nell’estate del 1944, con quello che fu forse l’ultimo convoglio partito di lì, condotti ad Auschwitz, in Polonia.
Dal treno con cui li stavano trasferendo in Polonia, Perla riuscì, durante una sosta in una stazione italiana presso il confine, a consegnare ad un ferroviere un biglietto da recapitare alla figlia Olga per comunicarle che, secondo voci raccolte, li stavano portando in Germania. Fu l’ultimo segnale di vita di Perla Faluomi Foa. Secondo le informazioni raccolte dai nipoti presso il Centro di Documentazione ebraico di Milano, i tre fratelli furono avviati alle camere a gas il giorno stesso del loro arrivo ad Auschwitz.

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